domenica 10 novembre 2013

TELECOM



Telecom Italia

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Telecom Italia S.p.A.
Logo
StatoItalia Italia
TipoSocietà per azioni
Borse valori
Fondazione1964 (come SIP)
1994 (Telecom Italia) a Torino
Sede principaleMilano (sede legale)
Roma (direzione generale)
GruppoTelco
Persone chiave
Settoretelecomunicazioni
Prodottitelefonia fissatelefonia cellulare,telefonia pubblicaInternet etelevisione via cavo
FatturatoGreen Arrow Up.svg 29,503 miliardi di  (2012)
Utile nettoRed Arrow Down.svg 1,6 miliardi di  (2012)
Dipendenti54.419 (2012)
SloganLe emozioni non cambiano, il modo di comunicarle sì.
Sito webwww.telecomitalia.com


La Società Telefonica Interregionale Piemontese e Lombarda (
Stipel) nasce nel 1925. Nello stesso anno il governo Mussolini riorganizza il sistema telefonico dividendo il territorio italiano in 5 zone: Lombardia e Piemonte, gestite da Stipel; Italia centrale con centro a Bologna da TIMO; Italia centrale con centro a Firenze e Roma da Teti; Veneto da TELVE; Italia meridionale da SET. È nel 1964 che le cinque società si uniscono sotto il nome di SIP - Società Italiana per l'Esercizio Telefonico.[1]Storia del gruppo
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Cartina concessionarie

Le origini[modifica | modifica sorgente]

Nello stesso anno STET - Società Finanziaria Telefonica S.p.A. dell'IRI per il settore delle telecomunicazioni, giunge a controllare Telespazio,[2] attiva nell'ambito delle comunicazioni spaziali, la società Radiostampa, responsabile dei servizi telegrafici e radiotelegrafici e Italcable, impegnata nelletelecomunicazioni intercontinentali.[3]
Superata la crisi economica degli anni '70 che colpisce anche Sip, gli anni 80 vedono il Piano di ristrutturazione della società, l'introduzione del nuovo marchio aziendale, una maggiore varietà di servizi e prodotti, nonché innovazioni sul piano tecnologico, come i nuovi sistemi informativi. Nel 1985 con il progetto San Salvador comincia il processo di numerizzazione della rete telefonica su tutto il territorio italiano. Inoltre dalla seconda metà degli '80 Sipintroduce le fibre ottiche. È invece del 1993 l'avvento della Rete intelligente, che per la prima volta offre un'ampia gamma di servizi in tutta Italia, tra cui ad esempio il "Numero verde".[4]
Nel 1985 la Stet vende delle azioni Sip sul mercato e passa dal 82% di Sip al 54% di Sip (continuando a detenere il controllo).

Il riassetto e la fusione STET - SIP[modifica | modifica sorgente]


La nascita di Telecom Italia sulla copertina dell'opuscolo supplemento della rivista aziendale "Selezionando Sip" n.5, 1994
La nascita di Telecom Italia è strettamente legata al processo di liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni, avviato negli Stati Uniti all'inizio degli anni '80 e sentito anche nel vecchio continente. In particolare in Europa tale processo è fortemente connesso con la privatizzazione degli operatori nazionali.[5][6]
Telecom Italia nasce formalmente il 27 luglio 1994, con l'atto di fusione deliberato dalle Assemblee del 19 maggio dello stesso anno di SIP con Iritel,TelespazioItalcable e SIRM, società del gruppo STET già operative nel settore delle telecomunicazioni. Ciò faceva seguito al "Piano di riassetto del settore delle telecomunicazioni" presentato al Ministro del Tesoro dall'IRI - Istituto per la Ricostruzione Industriale Spa, in data 30 giugno 1993 nel quadro delle disposizioni contenute nella legge n. 58 del 29 gennaio 1992.[7]
Nel 1995, con una scissione parziale dalla casa madre, nasce TIM (Telecom Italia mobile) il cui capitale è controllato per il 63,01% da STET.
Per massimizzare l'incasso dalla prevista privatizzazione viene deciso nel 1997 di portare avanti il piano cosiddetto di SuperSip, ovvero la concentrazione di tutte le attività operative nella società da mettere in vendita. La Finanziaria STET e Telecom Italia vengono fuse: la nuova società prenderà il nome di Telecom Italia.
Contestualmente Seat (l'editore delle Pagine Gialle) viene scissa da Telecom Italia e nel 1996 viene portata a termine la privatizzazione a favore di Ottobi, cordata formata da De Agostini (maggior azionista), Telecom (20%), Comit e Investitori Associati.

1997 - La privatizzazione[modifica | modifica sorgente]

Sotto la presidenza di Guido Rossi, il 20 ottobre 1997 viene attuata dal Governo Prodi I la privatizzazione della società: dalla vendita del 35,26% del capitale si ricavano circa 26.000 miliardi di lire. La privatizzazione, che comporta la quasi totale uscita del Ministero del Tesoro dall'azionariato Telecom, viene realizzata con la modalità del cosiddetto nocciolo duro: si vende cercando di creare un gruppo di azionisti che siano in grado di farsi carico della gestione della società. A conclusione dell'OPV (Offerta pubblica di vendita), le azioni vengono collocate a 10.902 lire; il 27 ottobre 1997 Telecom Italia privatizzata viene scambiata sulla Borsa Italiana.[8] A causa della scarsa risposta degli investitori italiani il nocciolo duro non è in realtà tale: il gruppo con capofila gli Agnelli riunisce solo il 6,62% delle azioni e si rivela molto fragile.[9] Nel novembre 1998 Franco Bernabè viene scelto come Amministratore Delegato di Telecom Italia.

1999 - 2001 - L'OPA della Olivetti e la gestione Colaninno[modifica | modifica sorgente]

A partire dal febbraio 1999 Olivetti attraverso Tecnost di Roberto Colaninno, già nel settore delle telecomunicazioni con Omnitel e Infostrada (queste ultime due cedute in seguito a Mannesmann), lancia una offerta pubblica d'acquisto e scambio riuscendo a ottenere nel giugno dello stesso anno, il controllo della società, con una quota del 51,02%. L'Opa va a buon fine nonostante la contrarietà di Bernabè, che considera il documento del piano "lacunoso" e non conforme alla normativa vigente.[10][11]
Telecom era una delle poche società ad azionariato diffuso italiane, in cui il Ministero del Tesoro aveva ancora una quota del 3,5%, pari a due miliardi di euro. Il Tesoro non si presentò all'assemblea degli azionisti che doveva decidere le contromisure alla scalata, preferendo mantenere neutralità rispetto all'operazione. La legge sulla golden share avrebbe permesso al Tesoro ildiritto di veto sull'operazione,[12] ma tale diritto era contestato in sede europea[senza fonte].
La somma con cui la scalata è finanziata, complessivamente 61.000 miliardi di lire, viene ricevuta dalla Olivetti in prestito direttamente dalle banche e con obbligazioni della controllata Tecnost grazie anche all'emissione di nuove azioni per oltre 37mila miliardi. Successivamente Tecnost viene fusa con Olivetti per accorciare la catena di controllo.[13] A questo punto è Bell, una società con sede nel Lussemburgo a controllare la catena con il 22% di Olivetti.[14]

2001 - 2007 - Gestione Tronchetti Provera[modifica | modifica sorgente]

Olimpia e la fusione Olivetti - Telecom Italia[modifica | modifica sorgente]

All'inizio del 2001, nonostante abbia appena ceduto importanti asset (l'80% di Italtel e Sirti tra gli altri), il gruppo Olivetti-Telecom è in grandi difficoltà e Colaninno, Gnutti e i loro soci sono costretti a passare la mano. Dopo diverse trattative viene trovato un accordo con Tronchetti Provera e Benetton.[15]
Per il 23% di Olivetti (posseduto da Bell) i nuovi proprietari di Telecom Italia pagano 4,175 Euro per azione, una cifra enorme considerando che le Olivetti quotavano solo 2,25 Euro.
La cessione di quel 23% ha creato una notevole plusvalenza (1,5 miliardi di euro) nelle casse di Bell, la società veicolo lussemburghese con la quale Colaninno e Emilio Gnutti detenevano il controllo di Telecom. Per questa plusvalenza Bell è stata indagata per evasione fiscale[16] e multata dall'Agenzia delle entrate per 1,937 miliardi di euro.[17] L'accertamento con adesione a cui hanno aderito i soci di Bell ha permesso la riduzione delle sanzioni a un quarto del minimo, così la società ha dovuto versare al Fisco solamente 156 milioni.[17]
L'esborso è spiegabile nel fatto che, in tal modo, Tronchetti Provera ha evitato di lanciare un'OPA totalitaria che sarebbe costata ancora di più.
Dal luglio 2001 Telecom è controllata dalla finanziaria Olimpia, partecipazione di Pirelli (al 60%), Edizione Holding dei BenettonBanca Intesa e Unicredito Italiano, a cui in seguito si è aggiuntaHopa, la finanziaria bresciana di Gnutti (tramite Holinvest, scatola cinese (vuota) attraverso la quale Hopa detiene il 3.7% di Telecom Italia). Il nuovo management del gruppo è dunque diretto da Marco Tronchetti Provera e la sede legale viene spostata da Torino a Milano.
Per accorciare la catena di controllo viene decisa, nel 2003, la fusione della controllante Olivetti con Telecom Italia.[18]

La fusione Telecom Italia - TIM[modifica | modifica sorgente]


La sede legale e quartier generale di Telecom Italia in Piazza degli Affari, 2, 20123, Milano, Italia
Nel gennaio 2005 Telecom lancia sulla borsa un'offerta pubblica d'acquisto su TIM.[19] La fusione Telecom-TIM viene finanziata con un mutuo di una cordata di banche, nella misura maggiore da Banca Intesa.[20] Il costo necessario per rastrellare le azioni TIM dal mercato eleva l'indebitamento di Telecom da 29 a 44 miliardi di euro.
Successivamente Telecom Italia acquista tutte le attività Internet della sua controllata Telecom Italia Media (ovvero tin.it), portando nella controllante tutte le capacità per fornire contemporaneamente servizi voce, mobili e dati, lasciando intravedere l'idea di fornire nuovi servizi che sfruttino laconvergenza fisso-mobile-dati.[21]
Dal bilancio 2005, l'indebitamento finanziario netto risulta essere di 39,858 miliardi di euro.[22] Tuttavia, come già nell'anno passato, la società decide, nel marzo 2006, di dare priorità all'aumento dei dividendi per gli azionisti; in risposta, l'agenzia Fitch Ratings riduce il rating di Telecom Italia, portandolo da A- a BBB+.[23]

L'ipotesi della divisione in 4 entità[modifica | modifica sorgente]

L'11 settembre 2006 il consiglio d'amministrazione dell'azienda decide di procedere alla divisione e riorganizzazione dell'azienda Telecom Italia in quattro distinti settori:[24][25]
Lo scorporo della rete permetterà l'ingresso facilitato a tutti i nuovi operatori alternativi nella telefonia fissa e internet.
In un primo momento si è parlato di una possibile cessione di TIM, sia in Italia sia in Brasile, valutate rispettivamente 30-35 miliardi di euro e 6-7 miliardi di euro. La cessione permetterebbe a Telecom Italia di sanare il suo debito di 44 miliardi di euro.[26] Numerose sono state le polemiche, anche di carattere politico, per quanto riguarda l'eventuale cessione dell'unico operatore mobile italiano a una società straniera o a Mediaset (ipotesi non impossibile ma che comporterebbe delicatissimi problemi relativi alle norme contro i cartelli di società, avendo entrambe posizioni importanti nelle telecomunicazioni). Successivamente il futuro presidente Guido Rossi dichiarerà che non esistono ipotesi di modifica del perimetro delle attività di Telecom Italia, escludendo esplicitamente qualsiasi cessione. La divisione di Telecom Italia da TIM ha portato a un'inversione di tendenza nella strada che era stata intrapresa per la convergenza fisso-mobile.
Telecom Italia si occuperebbe, invece, della telefonia fissa e dei media, soprattutto grazie agli accordi con News Corporation, di Rupert Murdoch, in merito a contenuti televisivi.[27] Gli accordi con Murdoch però non sono stati della portata prevista: è stata annunciata solo la concessione in licenza del catalogo per la diffusione in linea su Alice Home TV.[28]
Dopo la decisione del consiglio di amministrazione, il presidente del Consiglio Prodi lascia trapelare la sua insoddisfazione dicendo di "Non saperne nulla". Il 15 settembre 2006, dopo l'annuncio dello scorporo di TIM,[29] Marco Tronchetti Provera in polemica con Prodi, si dimette dalla guida della società; la presidenza torna, dopo 9 anni, a Guido Rossi, che deve lasciare la FIGC.[30]

Il nuovo Patto di controllo[modifica | modifica sorgente]


La dirigenza di Telecom Italia alla sua nascita: Paolo Benzoni, Antonio Zappi , Vito Gamberale e Ernesto Pascale
La prima mossa di Guido Rossi alla guida di Telecom è la creazione, il 18 ottobre 2006, di un "Patto di controllo" dell'azienda tra Olimpia,Mediobanca e Generali che controllano in tutto il 21,5% della società: Olimpia (ora controllata all'80% da Pirelli e al 20% da Edizione Holding) porta in dote il proprio 18%, Assicurazioni Generali il 2,01%, Mediobanca l'1,54%.[31]
Il 15 febbraio 2007 (comunicazione di Consob del 23 febbraio 2007) Assicurazioni Generali passano dal 2,01% al 4,06% di azioni Telecom Italia.[32] Il Patto di controllo tra le aziende Olimpia + Generali + Mediobanca arriva al 23,6%.
Il patto prevede vincoli sulle quote conferite, la possibilità per i contraenti di aumentare la loro quote e anche quella di vendere in prelazione ai soci. Esiste inoltre la possibilità di entrare nel patto per altri soci che abbiano più dello 0,5% del gruppo: si è parlato dell'ingresso di Intesa Sanpaolo,Capitalia e Unicredit, mentre il secondo azionista l'Hopa (3,72%) ne è rimasto fuori. Il patto è un passo decisivo per il rafforzamento dell'azionariato della società telefonica, che con l'ingresso di nuovi partner potrebbe avvicinarsi alla soglia del 30% oltre la quale è obbligatorio lanciare un'offerta totalitaria.
Presidente del nuovo patto è, dopo la sua uscita da Telecom, Tronchetti Provera.
Anche in conseguenza del patto e dell'influenza dei nuovi soci nel controllo delle strategie del gruppo, è definitivamente tramontata l'ipotesi di ricostituire TIM come società autonoma e di venderla successivamente insieme a Telecom Brasil.

La parentesi di Guido Rossi[modifica | modifica sorgente]

A febbraio 2007 Telecom avvia i contatti con la spagnola Telefónica per l'entrata degli iberici nell'azienda italiana.[33] L'ipotesi è quella di cedere una parte di Olimpia, la finanziaria che controlla il 18% di Telecom. Il 1º marzo 2007 l'azienda Telefónica annuncia in un comunicato che i contatti con Telecom Italia sono temporaneamente sospesi, ma continuano quelli con altri soci al fine di arrivare a una cordata.
Il 16 febbraio 2007 il CdA ha approvato il nuovo assetto organizzativo basato su 4 entità e i relativi direttori generali:
  • Domestic Fixed Services: Massimo Castelli,
  • Domestic Mobile Services: Luca Luciani,
  • Finance Administration and Control: Enrico Parazzini,
  • Technology: Stefano Pileri.[34]
Il 9 marzo 2007 viene presentato il nuovo piano industriale per il triennio 2007/2009 al quale, tuttavia, il mercato reagisce facendo registrare un forte ribasso per le azioni di Telecom Italia anche alla luce del fatto che gli utili risultano in calo e, per il futuro, si annuncia una diminuzione dei dividendi.[35]

Nel settembre del 2006 Beppe Grillo, piccolo azionista Telecom, lancia una iniziativa da lui battezzata "OPA alla genovese" (il cui nome ufficiale è Share Action) sul suo blog,[36] con la quale richiede a tutti gli azionisti di Telecom Italia di delegargli la rappresentanza nell'assemblea, con lo scopo di raggiungere un numero di azioni tale da consentire a lui, e quindi a tutti coloro che abbiano aderito, di sfiduciare i membri del Consiglio di amministrazione.
Il 16 aprile 2007, durante l'assemblea degli azionisti, Grillo prende la parola[37] e accusa l'intero Consiglio di Amministrazione di manifesta incapacità manageriale, chiedendone infine le dimissioni tra gli applausi degli azionisti presenti in sala.
Grillo spiega, inoltre, che la lunga procedura burocratica imposta da Consob gli impedisce di rappresentare formalmente la totalità dei piccoli azionisti che gli hanno delegato il loro potere di voto, ma promette che all'assemblea successiva il piccolo azionariato sarà rappresentato in maniera compatta all'interno dell'assemblea dei soci.

2007 - Il passaggio del controllo da Olimpia a Telco[modifica | modifica sorgente]


Gabriele Galateri di Genola
Il 1º aprile 2007 Pirelli, a seguito di un CdA straordinario, annuncia di avere ricevuto due offerte tese a rilevare il 66% di Olimpia, la holding che detiene il pacchetto di controllo di Telecom Italia.
Le offerte, da parte dell'azienda statunitense AT&T (che, successivamente - il 16 aprile - ha dichiarato di ritirarsi dall'operazione) e dalla messicanaAmérica Móvil di Carlos Slim Helú, erano tese a rilevare, ciascuna, il 33% di Olimpia.
A sorpresa, pochi giorni dopo l'annuncio delle due offerte, Guido Rossi, presidente della società dal settembre 2006, non avendo vista rinnovata la propria candidatura a far parte del Consiglio di amministrazione (poi rinnovato nell'assemblea degli azionisti del 16 aprile 2007) si dimette[38] da presidente dell'azienda non senza aver aspramente criticato, in un'intervista a La RepubblicaTronchetti Provera.[39] Al suo posto viene nominatoPasquale Pistorio come presidente di transizione.[40] Il 28 aprile una cordata italo-spagnola composta da MediobancaAssicurazioni GeneraliIntesa SanpaoloSintonia e Telefónica lancia un'offerta per rilevare la quota di Pirelli in Olimpia creando una nuova società, denominata Telco (patto di controllo), che avrà il controllo del 23% circa di Telecom Italia. Tale offerta è stata accettata dal CdA straordinario tenutosi in tale data.
Il 24 ottobre 2007 c'è stata la firma per il passaggio da Olimpia a Telco[41] che ha concretizzato l'operazione ma ponendo 28 condizioni all'azienda Telefónica, legate anche ai paesi dove le 2 aziende sono concorrenti, in primis in Sudamerica. A dicembre, saranno nominati come presidente Gabriele Galateri di Genola e come amministratore delegato Franco Bernabè, ex-presidente della compagnia telefonica.
Esattamente 2 anni dopo, il 27 ottobre 2009, quasi tutti i soci di Telco, con l'eccezione di Sintonia, hanno rinnovato per altri 3 anni il patto di controllo[senza fonte].
Negli stessi anni si registra anche un incremento d'attenzione nei confronti di tematiche ambientali e sociali; si ricordano nello specifico il lancio del progetto di sostenibilità avoicomunicare (8 agosto 2008), la nascita della Fondazione Telecom Italia (24 dicembre 2008) e il sostegno alle popolazioni dell'Abruzzo e dell'Emilia-Romagna colpite dal terremoto.[42][43][44]

Dirigenza dal 2006[modifica | modifica sorgente]


Franco Bernabè, Presidente dal 2011
Dal 15 settembre 2006, dopo un delicato periodo legato all'inizio di un processo riorganizzativo, alla presidenza della società torna il prof. Guido Rossi, che succede al dimissionario Marco Tronchetti Provera, già presidente di Pirelli e altre società. Vice presidente è Gilberto Benetton, che è anche presidente della finanziaria Edizione Holding e di Autogrill. Vice presidente esecutivo è Carlo Buora, l'amministratore delegato è Riccardo Ruggiero.[45] Tra i consiglieri spiccanoMassimo Moratti, Carlo Alessandro Puri Negri (di Pirelli), Gianni Mion (di Benetton), nonché Giovanni Consorte (di Unipol), quest'ultimo tra gli indagati per lo scandalo Bancopoli (poi dimessosi).
Alcuni mesi dopo, il 7 aprile 2007, Rossi si dimette[46] e viene sostituito da Pasquale Pistorio (vicepresidente di Confindustria e consigliere della società telefonica),[47] che dopo l'arrivo di Telco rassegnerà le proprie dimissioni insieme a Riccardo Ruggiero e Carlo Buora.[48] La presidenza spetta ora a Gabriele Galateri di Genola, in carica dal 3 dicembre 2007, e Franco Bernabè ottiene la carica di amministratore delegato.[49]
In data 14 aprile 2008 viene nominato il nuovo Consiglio di Amministrazione, i cui 15 Amministratori resteranno in carica per il triennio 2008-2010:[50] Gabriele Galateri di Genola e Franco Bernabè vengono confermati rispettivamente Presidente e Amministratore Delegato di Telecom Italia.[51] Allo scadere del mandato, il Consiglio di Amministrazione del Gruppo viene rinnovato nel 2011: Franco Bernabè viene nominato Presidente Esecutivo, mentre Marco Patuano diventa il nuovo Amministratore Delegato per il triennio 2011-2013.[52]
Il 5 ottobre 2012 Andrea Mangoni viene nominato presidente di TIM Brasil,[53] incarico che termina il 7 febbraio 2013 quando rassegna le dimissioni,[54] mentreFranco Bertone è Chief Operating Officer del Gruppo Telecom Argentina dal 2008.[55][56]

Open Access e altre iniziative del 2008[modifica | modifica sorgente]

Nel febbraio 2008 la Telecom Italia ha creato "Open Access",[57] una nuova funzione per gestire tutte le attività di sviluppo e manutenzione delle infrastrutture tecnologiche di rete di accesso, i processi di fornitura dei servizi di accesso per la clientela della Telecom Italia e per gli altri Operatori e la relativa assistenza tecnica. Tutto ciò per una maggiore efficienza, qualità e parità di trattamento.[58] "Open Access" è stato alla base del dialogo fra la Telecom Italia e l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ed è stato anticipato dall'assunzione di Impegni volontari, approvati dall'Autorità nel dicembre 2008. Gli impegni, che hanno al centro il ruolo ricoperto da "Open Access" e dai suoi nuovi processi per sviluppare in modo autonomo, separato e trasparente la rete d'accesso della Telecom Italia, servono a rafforzare il contesto competitivo. Sono insomma una sorta di garanzia nei confronti dei rischi competitivi tradizionalmente associati all'integrazione verticale della Telecom Italia (ossia, essenzialmente, possibili condizioni privilegiate di accesso alla rete fissa), nonché sull'aumento del grado di concorrenzialità in tutti i mercati retail collegati alla rete di accesso.
Nel 2008 è stata anche costituita la Fondazione Telecom Italia.[59] Operativa dal 2009, la Fondazione promuove idee e progetti innovativi volti a migliorare le condizioni di vita delle persone. In particolare, la Fondazione è attiva: nel campo del sociale, sviluppando progetti educativi e assistenziali dedicati alle categorie e alle fasce di popolazione meno protette o svantaggiate; nello sviluppo di progetti dedicati all'educazione, all'istruzione e alla ricerca scientifica; nella tutela del patrimonio storico-artistico-culturale, sviluppando modi e forme innovativi di fruizione e diffusione della conoscenza.

2013 - L'ipotesi di cessione di Telco a Telefónica e fine era Bernabè[modifica | modifica sorgente]

Nella notte del 23 settembre 2013, GeneraliMediobanca ed Intesa Sanpaolo raggiungono un accordo con Telefónica per la cessione a quest'ultima delle loro quote in Telco. L'operazione permetterebbe al gestore spagnolo di portare dal 46 al 66% la sua partecipazione nella holding che controlla il 22,4% di Telecom Italia, con un'opzione per un ulteriore incremento fino al 70% nel breve periodo per poi arrivare al 100% a partire da gennaio 2014 in caso di approvazione da parte delle autorità Antitrust.
Il 3 ottobre 2013 Franco Bernabè da le dimissioni come presidente di Telecom Italia ricevendo una liquidazione di 6,6 milioni;[60] tutte le deleghe sono affidate temporaneamente all'ad Marco Patuano.

Criticità[modifica | modifica sorgente]

Scandalo Telecom Italia-SISMI[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi Scandalo Telecom-Sismi.
Telecom Italia è stata coinvolta, insieme al Sismi, nello scandalo delle intercettazioni abusive legato a varie vicende del 2005-2006, tra cui il caso Abu Omar[61] e lo spionaggio di Alessandra Mussolini prima delle elezioni regionali nel Lazio, nel 2005.[62] Si tratta dello Scandalo Telecom-Sismi.
Secondo la procura di Milano, gli intercettati erano giudici, giornalisti, politici e uomini di altri servizi (l'indagine peraltro è correlata al suicidio, avvenuto nel 2006, di Adamo Bove, manager di Telecom Italia avente incarichi nel campo della sicurezza).[63]

L'inchiesta e le indagini[modifica | modifica sorgente]

Il 20 settembre 2006 Giuliano Tavaroli, l'ex capo della Sicurezza di Pirelli e Telecom Italia, viene arrestato insieme ad altre 20 persone.[64] L'accusa è quella di spionaggio e corruzione. Lo scandalo è partito da un'inchiesta compiuta dai giornalisti del quotidiano La Repubblica Giuseppe D'Avanzo e Carlo Bonini.[65][66][67] Tra gli intercettati risulterebbe anche Romano Prodi.[68]
Il 13 dicembre 2006 Marco Mancini (ex numero due del Sismi) è stato inoltre arrestato nell'ambito dell'inchiesta sulle intercettazioni illegali di Telecom Italia,[69] insieme a Giuliano Tavaroli (già in carcere) ed Emanuele Cipriani, investigatore privato fiorentino.[70] L'accusa per tutti è quella di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alla rivelazione del segreto d'ufficio.
Nel maggio 2007 Telecom Italia vince il "Premio" Big Brother Award come "peggiore azienda privata", proprio per quanto successo in fatto di riservatezza dei dati.[71]
Il 14 luglio 2008 la Procura della Repubblica di Milano deposita le 350 pagine dell'avviso di chiusura delle indagini,[72][73][74] dopo aver convocati in Procura, come ultimo atto investigativo, i vertici di Telecom Italia di allora, Marco Tronchetti Provera (ex presidente) e Carlo Buora (ex amministratore delegato) in quanto persone informate sui fatti.[75][76] Per non aver vigilato sulla propria security e sui metodi usati per avere le informazioni, il gruppo Telecom Italia(unitamente al gruppo Pirelli) risulta indagato in base alla legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle società, pur non essendo stati mossi addebiti contro l'ex presidente e l'ex amministratore delegato di Telecom Italia. Una lunga serie di reati sono stati invece contestati a 34 persone, accusate a vario titolo di aver messo in piedi una vera e propria associazione a delinquere al cui vertice c'era l'ex capo della security Giuliano Tavaroli.[77] Nelle interviste rilasciate nei giorni successivi alla chiusura delle indagini, Tavaroli si difende dando la propria versione dei fatti e scaricando le responsabilità sui suoi superiori, che gli avrebbero commissionate le indagini poi risultate illecite.[78][79]
Le udienze[modifica | modifica sorgente]
Durante le udienze preliminari (la prima delle quali fissata per il 31 marzo 2009),[80] l'allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi appone il segreto di Stato sulle indagini sui dossier illegali del caso.[81]
Nel febbraio 2010 Telecom Italia e Pirelli chiedono di patteggiare l'accusa di corruzione, presentando così un'istanza di circa 7 milioni e mezzo di euro. Ciononostante, le due imprese si rappresentano come danneggiate dai comportamenti di Tavaroli e Cipriani e restano quindi nell'udienza preliminare solo come parti civili per l'ipotesi che costoro si siano indebitamente appropriati di soldi delle società, e come responsabili civili rispetto ad altri reati contestati agli indagati.[82][83]
In seguito l'investigatore Emanuele Cipriani dichiara spontaneamente di aver agito per conto del presidente di Telecom Italia Marco Tronchetti Provera, preparando per lui dei dossier contenenti informazioni che potessero aiutarlo nella gestione degli affari.[84] Nel frattempo però Marco Tronchetti Provera smentisce di essere stato a conoscenza di eventuali attività illecite condotte dalla security dell'azienda o della schedatura di massa dei lavoratori.[85][86]
A marzo[87][88][89] viene sentito Fabio Ghioni, il quale dirigeva una struttura pensata per proteggere la rete Telecom ma che di fatto eseguì attività di hackeraggio, il cosiddetto Tiger Team. Egli ha affermato che Tronchetti Provera fosse a conoscenza di questi attacchi informatici.[90] Successivamente Tronchetti Provera depone come testimone e ribadisce di essere totalmente estraneo alle attività di dossieraggio illecite.[91]
Le sentenze[modifica | modifica sorgente]
Tra i condannati del processo di primo grado conclusosi il 13 febbraio 2013 vi sono 7 dei collaboratori di Giuliano Tavaroli (che ha ottenuto un patteggiamento di meno di 5 anni) con pene fino a 7 anni e risarcimenti per oltre 22 milioni di euro. Inoltre ci sono state condanne per l'ex collaboratore del Sisde Marco Bernardini (7 anni e mezzo) e per l'ex investigatore privato Emanuele Cipriani (5 anni e mezzo).[92] La prima Corte d'Assise di Milano ha inoltre sancito che Telecom Italia, costituitasi parte civile dovrà essere risarcita di 10 milioni dagli imputati.[92]

Le spese per i braccialetti elettronici[modifica | modifica sorgente]

Molti hanno sollevato critiche a causa di una commessa pubblica affidata a Telecom e relativa al monitoraggio di alcuni braccialetti elettronici (una misura adottata per il controllo dei detenuti): in 10 anni (dal 2001 al 2011) lo Stato ha versato a Telecom 81 milioni di euro di abbonamento per la tracciatura di quei dispositivi. La Corte dei Conti ha evidenziato l'anti-economicità della manovra, visto che in quel periodo solo 14 braccialetti sono stati utilizzati. Nel 2011 il ministro del governo MontiAnna Maria Cancellieri, ha rinnovato la commessa per ulteriori sette anni;[93] anche il prolungamento del contratto ha suscitato diverse perplessità, visto che il figlio del ministro Cancellieri, Piergiorgio Peluso, lavora proprio a Telecom come top manager.[94] Entrata a far parte dell'esecutivo di Enrico Letta non più come ministro dell'Interno ma come Guardasigilli, la Cancellieri aveva più volte proposto l'uso del braccialetto elettronico come strumento di contrasto al fenomeno dilagante della violenza sulle donne, e in particolare per controllare e scoraggiare i cosiddetti stalker.[95]

Partecipazioni[modifica | modifica sorgente]


La struttura societaria di Telecom Italia aggiornata al dicembre 2012 (fonte: sito Telecom Italia)
Telecom Italia detiene diverse partecipazioni in aziende sia italiane sia estere:[96][97][98][99]

Acquisizioni e cessioni[modifica | modifica sorgente]

Cessioni[modifica | modifica sorgente]

Nell'ambito del piano di focalizzazione sul core business vengono cedute quasi tutte le partecipazioni in aziende manifatturiere (tranne l'Olivetti Tecnost, ribattezzata Olivetti S.p.A. nel 2005), alcune aziende non strategiche e varie partecipate straniere.

Acquisizioni[modifica | modifica sorgente]

Il piano industriale porta Telecom Italia ad acquistare aziende che si occupano di internet a banda larga e del campo dei media.

Liberalizzazione e proposte di riforma societaria[modifica | modifica sorgente]

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Una distinzione maggiore fra due generiche attività è introducibile con una separazione societaria e, maggiormente, con una separazione patrimoniale. Un regolamento dell'autorità garante ha imposto la separazione contabile per l'attività di gestione di una rete e quella di fornitore di servizi d'accesso.

Un problema simile per diverse infrastrutture[modifica | modifica sorgente]

La situazione è simile a quella esistente in altri settori strategici come quello dell'energia e del gas, nei quali la società proprietaria della rete di trasmissione elettrica (Terna) è controllata dell'ENEL, e la proprietaria della rete di distribuzione del gas (Snam) è una controllata dell'ENI. Il proprietario della rete alloca la capacità fra i diversi operatori e tenderà a favorire, a discapito della concorrenza, il fornitore di energia, gas, piuttosto che telecomunicazioni appartenente allo stesso gruppo. Un primo segnale sul fronte energetico è comunque giunto: la società Terna è stata scorporata da Enel[121] e accorpata al GRTN (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale), dando luogo alla nascita del Gestore dei Servizi Energetici (GSE), proprietario e gestore della Rete elettrica, nonché responsabile della sua manutenzione e di tutte le politiche di sviluppo della medesima.

Monopolio naturale della proprietà e gestione concorrenziale[modifica | modifica sorgente]

Nei tempi delle liberalizzazioni, si è visto come una gestione pluralistica e concorrenziale della rete, alla quale partecipano più operatori, porta vantaggi per gli utenti in termini di tariffe e di qualità. Più difficile è sostenere un argomento simile riguardo alla proprietà delle reti.
Le reti hanno forti costi di costruzione, che rendono difficilmente replicabile una seconda rete altrettanto estesa e capillare di telecomunicazioni (piuttosto che di distribuzione del gas o corrente elettrica): quindi è improbabile avere due o più proprietari di grandi reti.
Suddividere la rete esistente in sottoreti geografiche e frazionarne la proprietà, significherebbe perdere l'interoperabilità, accessibilità e scalabilità che sono fra le caratteristiche principali richieste a una rete. Per questo raramente viene posto in discussione che il proprietario, il centro decisionale competente sull'intera rete, debba essere uno solo, per evitare ridondanze o incompatibilità nella gestione fra un'area geografica e l'altra. Il dibattito verte principalmente su come debba essere ripartito il capitale del soggetto proprietario della rete.
In questo senso, più volte l'Agcom ha ribadito che la rete su doppino non è replicabile; e a proposito di telecomunicazioni e altre infrastrutture, la rete è equiparata ai monopoli naturali. Nel primo caso una questione economica crea un monopolio naturale, mentre nel secondo caso si fa riferimento a un'impossibilità di duplicazione fisica per la natura e tecnica per l'uomo.[122]

Separazione fra proprietà e gestione[modifica | modifica sorgente]

La competizione globale spinge ad aprire il mercato anche a operatori stranieri, perché anche le imprese italiane non incontrino difficoltà di accesso nei corrispondenti mercati stranieri.
D'altra parte, l'importanza strategica delle infrastrutture solleva la questione della loro "italianità", di un loro controllo in capo a soggetti pubblici o privati, comunque italiani. Una separazione fra proprietà e gestione può conciliare queste due esigenze, attraverso una proprietà "italiana" e una gestione aperta anche a operatori esteri.

Il modello delle telecomunicazioni britannico[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi Corporate governance.
Una vera concorrenza nel settore delle telecomunicazioni arriverebbe sul modello britannico da una società proprietaria della rete, con separazione patrimoniale e vincoli al possesso di azioni anche con società collegate o controllate rispetto alla Telecom Italia, che resterebbe un operatore di rete come la Wind, la Tele2 e altri.
Nel modello inglese la società proprietaria della rete è una società ad azionariato diffuso.

La partecipazione pubblica come nei Paesi UE[modifica | modifica sorgente]

In Italia si propone come ulteriore garanzia una significativa partecipazione pubblica (20-30%) al capitale della società, tale da averne il controllo con maggioranza relativa, ma da renderla difficilmente scalabile per via del forte indebitamento e del restante 70% ad azionariato diffuso che andrebbe "rastrellato" in borsa. A seconda della volontà politica, una partecipazione pubblica alta può opporsi infatti in linea di principio a tentativi di scalata, ma può anche agevolare per tempo con legislazioni favorevoli un processo di privatizzazione. Una garanzia più robusta unisce la presenza pubblica a quella di un prevalente azionariato diffuso.

Servizio universale e ripartizione dei costi[modifica | modifica sorgente]

Il proprietario della rete, nel modello inglese e in altri Stati, è soggetto alla legge del servizio universale, che lo obbliga a manutenere e ammodernare l'intera estensione geografica della rete.
La legge impone degli investimenti che in sé non sono remunerativi, e dovrebbero garantire un servizio minimo essenziale di telefonia a tutta la popolazione.
In Italia, i costi del servizio universale sono per legge interamente a carico dell'operatore di telefonia con la maggiore quota di mercato. Lo Stato italiano corrisponde annualmente gli oneri all'operatore per garantire i servizi previsti dalla legge.
L'ammontare di questi trasferimenti dallo Stato alle aziende private può essere molto superiore agli oneri effettivamente sostenuti, e talora è oggetto di accuse rispetto al diritto antitrust, qualificando i trasferimenti come "aiuti di Stato".
In altri Paesi i costi fissi vengono ripartiti fra i vari operatori in misura proporzionale alla quota di mercato. La quota è calcolata a partire dal fatturato che è un dato certo e univoco del bilancio.
La manutenzione e l'ammodernamento costituiscono un forte indebitamento che rende poco contendibile la società e poco appetibili i tentativi di scalata.
Nel 2005 (ultimi dati disponibili) Telecom Italia ha riferito di aver sostenuto i seguenti oneri, per lo svolgimento del servizio universale:
  • Fonia vocale: 33,5
  • Telefonia pubblica: 14,7
  • Categorie agevolate: 10,1
Per un totale di 58.4 milioni di euro: lo Stato, attraverso il per il Fondo finanziamento del costo netto degli obblighi del servizio universale (cui contribuiscono tutti gli operatori che usufruiscono delle reti pubbliche di telecomunicazioni), ha rimborsato a Telecom Italia 25.58 milioni di euro.

Loghi[modifica | modifica sorgente]

L’attuale logo Telecom Italia viene presentato nel febbraio 2003, ma è da considerare il frutto di un’evoluzione storica e dei cambiamenti dell’azienda. L’origine del simbolo è infatti da rintracciare nei loghi delle società SIP e STET, che nel 1994 hanno portato alla nascita di Telecom Italia. A partire dal marchio SIP, presentato nel 1983, le variazioni riguardano prevalentemente il lettering ed il colore. Le 4, e attualmente 3 “ondine” rosse intendono richiamare i cavi telefonici attraverso cui avviene la comunicazione.[123]

Ernesto Pascale, Guido Pugliesi e Biagio Agnes presentano alla stampa il logo aziendale
Vecchio logo Telecom Italia.gifTelecom Italia-1-.svg
1994 - 2003Dal marzo del 2003

Consiglio di amministrazione[modifica | modifica sorgente]

Il consiglio di amministrazione e la governance di Telecom Italia sono strutturati nel seguente modo[124]:

Il consiglio di amministrazione di Telecom Italia aggiornato al dicembre 2012 (fonte:sito Telecom Italia)


L'organizzazione di Telecom Italia aggiornata al dicembre 2012: il ruolo del'amministratore delegato (fonte: sito Telecom Italia)


L'organizzazione di Telecom Italia aggiornata al dicembre 2012: il ruolo del presidente (fonte: sito Telecom Italia)

Dati finanziari[modifica | modifica sorgente]

2007[modifica | modifica sorgente]

La Telecom Italia S.p.A. nel 2007 ha ottenuto 31,013 miliardi di euro di ricavi, un EBIT di 5,955 miliardi, un utile netto di 2,455 miliardi. L'indebitamento finanziario netto ammonta a 35,701 miliardi, il patrimonio netto a 26,985 miliardi, la capitalizzazione in borsa è di 39,345 miliardi di euro. La Telecom ha impiegato mediamente 79.628 dipendenti. Detiene partecipazioni per 11.19 miliardi di euro[127].

2008[modifica | modifica sorgente]

Il Gruppo Telecom Italia nel 2008 ha ottenuto 30.158 milioni di euro di ricavi, un EBIT di 5.463 milioni di euro, un utile netto di 2.215 milioni di euro. L'indebitamento finanziario netto ammonta a 20.039 milioni di euro, il patrimonio netto a 26.856 milioni di euro, la capitalizzazione in borsa è di 34.049 milioni di euro. Il personale a fine 2008 è pari a 77.825 dipendenti.[128]. Il numero dei clienti di linee fisse è di 17.352.000

2009[modifica | modifica sorgente]

Il Gruppo Telecom Italia nel 2009 ha ottenuto 27.163 milioni di euro di ricavi, un EBITDA di 11.115 milioni di euro, un utile netto di 1.581 milioni di euro e ha effettuato investimenti industriali per 4.543 milioni di euro. L'indebitamento finanziario netto ammonta a 34.747 milioni di euro. Il personale del Gruppo, al 31 dicembre 2009, è pari a 71.384 unità di cui 60.872 in Italia. Alla stessa data, il numero di accessi retail alla rete fissa in Italia è di circa 16,1 milioni, gli accessi broadband retail in Italia ammontano a 7 milioni, le linee TIM a 30,8 milioni e i clienti TIM Brasil a 41,1 milioni. La7 ha una share media giornaliera del 3,0% e i visitatori unici di Virgilio sono in media 3,2 milioni al giorno.[129]

2010[modifica | modifica sorgente]


Inserzione della campagna "Il telefono. La tua voce ", 1977-1982
Il Gruppo Telecom Italia nel 2010 ha ottenuto 27.571 milioni di euro di ricavi, un EBITDA di 11.412 milioni di euro, un utile netto di 3.121 milioni di euro e ha effettuato investimenti industriali per 4.583 milioni di euro. L'indebitamento finanziario netto ammonta a 32.087 milioni di euro. Il personale del Gruppo, al 31 dicembre 2010, è pari a 84.200 unità di cui 58.045 in Italia. Alla stessa data, il numero di accessi retail alla rete fissa in Italia è di circa 15,4 milioni, gli accessi broadband retail in Italia ammontano a 7,2 milioni, le linee TIM a 31 milioni, i clienti TIM Brasil a 51 milioni e le linee mobili in Paraguay a 1,9, mentre in Argentina le linee fisse sono 4,1 milioni, 1,4 milioni gli accessi broadband, 16,3 milioni i clienti mobili. La7 ha una share media giornaliera del 3,1% e i visitatori unici di Virgilio sono in media 3,7 milioni al giorno.[130]

2011[modifica | modifica sorgente]

Il Gruppo Telecom Italia nel 2011 ha ottenuto 29.957 milioni di euro di ricavi, un EBITDA di 12.246 milioni di euro, un utile netto negativo di 4.726 milioni di euro (causa impatto negativo della svalutazione dell'avviamento) e ha effettuato investimenti industriali per 6.095 milioni di euro. L'indebitamento finanziario netto ammonta a 30.414 milioni di euro. Il personale del Gruppo, al 31 dicembre 2011, è pari a 84.124 unità di cui 56.878 in Italia. Alla stessa data, il numero di accessi retail alla rete fissa in Italia è di circa 14,7 milioni, gli accessi broadband retail in Italia ammontano a 7,1 milioni, le linee TIM a circa 32,2 milioni, quelle TIM Brasil a 64,1 milioni e le linee mobili in Paraguay a 2,1, mentre in Argentina le linee fisse sono 4,1 milioni, 1,5 milioni gli accessi broadband, 18,2 milioni i clienti mobili.[131]

2012[modifica | modifica sorgente]

Nel 2012 Telecom Italia ha avuto ricavi per 29,50 miliardi, di cui:
  • 17,88 miliardi da BU Domestic
  • 7,47 miliardi da BU Argentina
  • 3,78 miliardi da BU Brasile
  • 0,56 miliardi da Media, Olivetti e altro
A tali dati sono da sottrarre 206 milioni di elisioni.
Ebitda di 11,64 miliardi, Ebit di 1,92 miliardi, perdite per 1,27 miliardi.
I risultati sono in contrazione rispetto all'esercizio precedente per via della crisi economica italiana (BU Domestic) e della riduzione dei corrispettivi per la terminazione su rete mobile, decisa dall'AGCOM. La perdita è altresì imputabile ad una svalutazione dell'avviamento pari a 4,43 miliardi.
21,15 milioni di accessi alla rete fissa italiana, 8,96 milioni di accessi alla rete a banda larga, 32,15 milioni di clienti della rete mobile TIM.
114,5 milioni di km di rete telefonica in rame, 5,7 milioni di km di rete telefonica in fibra.
5,19 miliardi di investimenti, 23,01 miliardi di patrimonio netto, 83 184 dipendenti.[132]

Azionisti[modifica | modifica sorgente]

  • 46,99% - Investitori istituzionali esteri
  • 22,39% - Telco S.p.A., la holding italo-spagnola composta da Mediobanca (11,57%), Assicurazioni Generali (30,67%), Intesa Sanpaolo (11,57%) e Telefónica S.A. (46,179%)
  • 19,42% - Altri azionisti italiani
  • 4,80% - Investitori istituzionali italiani
  • 3,97% - Persone giuridiche estere
  • 1,21% - Gruppo Telecom Italia
  • 1,12% - Persone giuridiche italiane
  • 0,10% - Altri azionisti esteri
Dati al 30 giugno 2013[133]

Valore delle azioni[modifica | modifica sorgente]

  • Il minimo storico è stato 0,47 euro per azione; 6 agosto 2013[134]
  • Il massimo storico è stato di circa 3 euro; 2005

Dividendi[modifica | modifica sorgente]

  • 25 aprile 2013: azioni ordinarie - 0,02 euro per azione; azioni risparmio - 0,031 euro per azione
  • 21 maggio 2012: azioni ordinarie - 0,043 euro per azione; azioni risparmio - 0,054 euro per azione
  • 18 aprile 2011: azioni ordinarie - 0,058 euro per azione; azioni risparmio - 0,069 euro per azione
  • 24 maggio 2010: azioni ordinarie - 0,05 euro per azione; azioni risparmio - 0,061 euro per azione
  • 20 aprile 2009: azioni ordinarie - 0,05 euro per azione; azioni risparmio - 0,061 euro per azione
  • 21 aprile 2008: azioni ordinarie - 0,08 euro per azione; azioni risparmio - 0,091 euro per azione
  • 23 aprile 2007: azioni ordinarie - 0,14 euro per azione; azioni risparmio - 0,151 euro per azione
  • 24 aprile 2006: azioni ordinarie - 0,14 euro per azione; azioni risparmio - 0,151 euro per azione
  • 18 aprile 2005: azioni ordinarie - 0,1093 euro per azione; azioni risparmio - 0,1203 euro per azione
  • 24 maggio 2004: azioni ordinarie - 0,1041 euro per azione; azioni risparmio - 0,1151 euro per azione

Capitale sociale[modifica | modifica sorgente]

Il capitale sociale della Telecom Italia è composto da 19.434.083.739 azioni: 13.407.963.078 azioni ordinarie (con diritto di voto) e 6.026.120.661 azioni di risparmio (senza diritto di voto). Il valore nominale delle azioni è di 0,55 euro.

Onorificenze[modifica | modifica sorgente]

  • Conferita il 11/10/2010:
Medaglia al merito di I classe della Protezione Civile - nastrino per uniforme ordinariaMedaglia al merito di I classe della Protezione Civile
«Per la partecipazione all'evento sismico del 6 aprile 2009 in Abruzzo, in ragione dello straordinario contributo reso con l'impiego di risorse umane e strumentali per il superamento dell'emergenza.»
— D.P.C.M. 11 ottobre 2010

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